NO SIGNORI, non è una telenovela

YASSER-ARAFATApprendiamo dal sito Repubblica.it che, secondo il governo israeliano, i recenti sviluppi sulla morte di Yasser Arafat costituiscono l’ultimo capitolo di una “telenovela”. E allora ripercorriamola brevemente questa fiction, magari partendo dalle puntate storiche, quelle che vedono protagoniste Tsahal (le forze armate israeliane, meglio note come Israeli Defense Force) ed il defunto leader palestinese.

Verso la fine del 2001, in risposta ad alcuni attentati sferrati a Gerusalemme e Haifa di cui Arafat è considerato responsabile morale, l’esercito israeliano cinge d’assedio la Muqata’a, il quartier generale dell’Autorità Nazionale Palestinese a Ramallah (Cisgiordania). È l’inizio della fine per l’anziano esponente di Al-Fatah. Da quel momento, è costretto ad un isolamento forzato all’interno della roccaforte, sempre più accerchiata e danneggiata dai cingolati con la stella di David. L’intento dell’allora premier israeliano Ariel Sharon è quello di rispondere all’escalation degli attentati terroristici palestinesi, demolendo gradualmente sia l’edificio, sia la resistenza fisica e morale del nemico.

Gli esiti di questa strategia si palesano a fine ottobre 2004, quando il leader palestinese lascia il suo confino obbligato per un ricovero urgente nell’ospedale militare di Percy, a Parigi. Le condizioni di salute si rivelano gravissime. Per i medici francesi stabilire le cause rappresenta un vero enigma, anche se l’ipotesi dell’avvelenamento è quella più suffragata. Dopo atroci sofferenze e circa dieci giorni di agonia, l’undici novembre 2004 Arafat muore, privando il popolo palestinese di una delle guide più carismatiche e longeve nella lotta per l’indipendenza nazionale.

Quanto emerge in questi giorni, dallo studio degli scienziati svizzeri commissionato dalla vedova di Arafat, Souha, conferma tutti i sospetti attorno all’ipotesi dell’assassinio. Le tracce elevatissime di polonio-210 e di piombo-210 individuate sui tessuti prelevati dalle spoglie, inducono gli esperti elvetici – per bocca del prof. François Bochud– a sospettare “l’intervento di terzi” nella morte del leader arabo.

Non mette un po’ di angoscia tutto ciò? Niente panico: in tutte le telenovele che si rispettino, venire a capo degli intrighi costa sforzi mentali e molte puntate, durante le quali i vari protagonisti cercano in tutti i modi di allontanare i sospetti. Il portavoce del ministero degli Esteri ebraico Igal Palmor riferisce che l’inchiesta “non ha niente a che vedere con Israele, né ha la minima credibilità”. Peccato che i test degli esperti svizzeri, condotti su basi scientifiche, non lascino spazio ad incertezze. Anche Dov Weissglass, uno degli uomini di fiducia dell’ex-premier Sharon, afferma che “non vi era alcun interesse nel danneggiare Arafat. Non vi sarebbe stata alcuna logica, alcuna ragione”.

Ma secondo altre fonti, all’epoca dell’assedio, vi erano pochi dubbi sulla volontà di far fuori lo storico nemico. Si trattava solo di stabilire come. Danny Rubinstein, giornalista israeliano autore di un libro su Arafat, con forti entrature nella cerchia più stretta di Sharon, spiega che in seno all’entourage dell’esecutivo si discuteva dell’eventualità di “espellerlo, ucciderlo, o bombardare la Muqata’a. Sembrava ovvio che avrebbero trovato un modo”.

Alcune zone d’ombra nella trama, sicuramente, permangono. Capire come queste sostanze abbiano raggiunto il leader palestinese è difficile, ma sappiamo che la suspense è elemento fondamentale per rendere la storia più eccitante. Consoliamoci pensando che le recenti puntate della fiction quanto meno, ci aiutano a capire come Arafat sia morto. E che evidentemente si tratta di un assassinio. Nonostante l’età avanzata e le sfiancanti lotte politiche di tutta una vita, infatti, le condizioni in cui la vittima lascia questo mondo non possono far pensare ad un trapasso naturale.

Quello che ci resta da scoprire è il chi: nelle migliori serie televisive, il colpo di scena, la rivelazione del colpevole – lo sappiamo – sono sempre riservati alla puntata finale. Conoscendo alcuni dei protagonisti, però, abbiamo il forte timore che le grandi doti recitative inducano lo spettatore a deconcentrarsi, a renderlo incapace di individuare il vero responsabile, ed infine, lasciarlo definitivamente nel dubbio. Ci preme comunque ricordare, che quanto raccontato non è una telenovela, né un thriller di serie zeta, ma la triste realtà.

A cura di Gaetano Sebastiani

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