“LORO” NON SONO LORO

di Leonardo Petrocelli

In attesa della seconda parte, un paio di considerazioni su Loro 1 di Paolo Sorrentino. La prima: Toni Servillo, attore magistrale, non sa interpretare Berlusconi. Al pari di tutti i precedenti tentativi, altrettanto malriusciti, la resa rasenta il caricaturale, il patetico, la trasfigurazione grottesca e deformata del personaggio. Ciò che gli era riuscito con Andreotti, non gli è riuscito con Silvio. D’altronde l’impresa era improba. Il Cavaliere è già talmente “caratterizzato” con quel sorriso stampato, le battute imbarazzanti, lo strano accento milanese e il ventaglio di espressioni tipiche (cribbio, mi consenta) da essere già, in partenza, una goffa imitazione di sé. Sembra nascere, per gli attori, su un piatto d’argento. Sembra, perché è così facile da imitare che non ci riesce nessuno. Decisamente meglio Elena Sofia Ricci nei panni di una Veronica Lario dolente, un po’ intellettuale, che tiene i figli lontano dalla tv, legge “Repubblica” e chiede al marito come mai le reti Fininvest/Mediaset non abbiamo mai ospitato un programma culturale.  Salvo dimenticarsi di essere stata anche lei un’attricetta con le tette al vento, tirata fuori dalle sacche dell’erotismo e ripulita a favor di rotocalchi proprio da Berlusconi. La “velina ingrata” come la definì “Libero” e come, finora, ha omesso di ricordare Sorrentino. Ma tant’è.

Più interessante è il secondo dato, meno cinematografico e più politico. Prendete la scena di Dio/Bertolaso nelle saune. Il potente di turno riceve la ragazza per consumare un rapporto veloce. Ha un asciugamano in testa che gli oscura il volto (e gli impedisce di vedere), la voce deformata da grosso un congegno elettronico e una qualche disfunzione sessuale che lo porterà a concludere il rapporto in quattro secondi netti dopo il primo tocco della fanciulla (la quale, inizialmente, mirava a sfiorargli il volto occultato, salvo poi ritrarre la mano dopo la minaccia di ritorsioni qualora il velo fosse stato rimosso). Ora, la scena, complice  un’atmosfera volutamente cupa, ha un che di disturbante, di morboso, quasi di demonico. La ragazza, peraltro, è la più pulita dell’harem: non una escort, ma una studentessa in cerca di fortuna. L’impressione è quella della vergine data in pasto ad una specie di Darth Vader in versione Non aprite quella porta. Non è la protervia del potere, l’abuso grasso del satrapo di turno, è qualcosa di differente. Più oscuro, più laido. Il contrappunto lo potete trovare in una delle scene iniziali: Scamarcio/Tarantini vince un appalto procurando un rapporto sessuale, consumato nella cabina di una barca, alla maniera tradizionale, al suo “gancio” politico. Ecco, questo è il mondo Berlusconiano: donne, soldi, imbrogli. Qualche stravaganza, certo, come la parrucca della Boccassini o la maschera di D’Alema indossate dalle  ragazze durante le cene eleganti, ma niente di più. Goliardate di quart’ordine di un potere in fondo banale, pecoreccio, quasi sempliciotto.

Ma il Male che striscia nel film è un’altra cosa. La scena delle saune, il Berlusconi truccato e vestito da danzatrice orientale per divertire la moglie, l’astrattismo orgiastico e quasi onirico delle feste sesso&droga per attirare il Cavaliere, beh, appartengono a un’altra dimensione. Esistono, certo, ma non dalle parti di Villa Certosa. “Loro” non sono loro. Piuttosto la perversione dell’oscurità è propria di universi finanziari, progressisti, internazionalisti. Sono i circoli americani, le logge in stile Skulls&Bones, i circuiti dei Clinton e dei Blair, quelli della Abramovic, l’artista-satanista capofila delle suggestioni del contemporaneo.

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I mondi dell’internazionalismo colto

Sono le zone d’ombra di massonerie sparse, anche italiane, popolate di militari, giudici, boiardi di Stato, banchieri, astri nascenti della politica occidentale (Macron?). Forse Sorrentino ne ha sentito parlare o forse la sua è stata una intuizione personalissima, ma di certo ha azzeccato l’atmosfera della caverna mondialista. Purtroppo – a differenza di Roman Polanski che quei mondi li conosce bene – ha sbagliato location e protagonisti, continuando ad alimentare l’equivoco. Il suo immaginario sarebbe stato perfetto per rappresentare i vizi di qualche dinastia d’Oltreoceano, meno per casa Berlusconi dove, alla fine, tutto muore nella banalità di un bordello di provincia. La Provincia Italia, appunto, per la quale basterebbe un B-movie con Banfi, la Fenech e una scanzonata risata di tutti.

Ps. Un merito, però, il film ce l’ha. Quello di aver riportato sul grande schermo tette, culi e un po’ di sesso. Se ci fate caso, ormai, Hollywood non sforna un nudo nemmeno sotto tortura. E’ un paradosso istruttivo quello della nostra società, laida, sporca e corrotta fino al midollo, ma sempre più incline a trincerarsi in un bigottismo da setta puritana. Uomini che sposano bambole gonfiabili, famiglie poliamorose, falli giganti sventolati davanti alle scuole durante i gay pride, bambini comprati come al mercato delle vacche, ma una tetta no. Quella non sia mai. Non casualmente, le suore laiche di “Repubblica” si sono precipitate a chiedere a Sorrentino se tanti nudi femminili non siano un oltraggioso azzardo al tempo del caso Weinstein e del MeeToo. Risposta: “Non credo che si possano fare film tenendo contro dell’umore del momento”. Ma quello non è l’umore del momento, è la dittatura del pensiero mondialista. Presto o tardi se ne accorgerà anche lui.

CADAVERI POST-ELETTORALI

di Gaetano Sebastiani

Era inevitabile che i risultati delle amministrative lanciassero sulla ribalta mediatica il M5S ed il PD. Per ragioni diametralmente opposte, i due schieramenti sono da giorni al centro del can can giornalistico: i pentastellati si godono i successi più o meno clamorosi di Roma, Torino e dei comuni minori dove avevano raggiunto il ballottaggio, mentre i renziani scoprono all’improvviso che le favole raccontate dal presidente del consiglio non hanno dato sogni d’oro agli elettori.
Una particina davvero risicata, invece, è riservata al centro destra. Nei dibattiti lo si nomina di sfuggita, quasi solo per tributare una sorta di meccanico rispetto a quella che, fino a pochi anni fa, era la prima forza del paese. Ad oggi, infatti, e soprattutto a seguito dell’esito elettorale, si può (o forse si deve) parlare di centro destra come ectoplasma del palcoscenico politico italiano, come cadavere ambulante in cerca di una fossa dove riposare le proprie stanche membra. E, saremo chiari su questo, ben venga tutto ciò. Ben venga che il progetto “moderato” sia stato sconfitto in una città simbolica per il centro destra come Milano. Chissà se i principali artefici del pout pourri partitico che metteva magicamente insieme gli acerrimi nemici Ncd e Lega avranno capito che un tale coacervo non è tollerabile. Ben venga che questa prosecuzione interminabile della stagione berlusconiana prenda una sonora bastonata e si riduca al ruolo di suggeritore elettorale per meri scopi antirenziani e nulla più.
Chissà se finalmente Salvini avrà capito che continuare a flirtare con Forza Italia, cioè imporsi di annacquare le proprie posizioni più critiche verso lo status quo (quindi quelle più interessanti) per dialogare con chi giammai parlerà la tua lingua, significa solo perpetuare il ruolo di Re senza trono dei “moderati” (alla luce del maggiore peso elettorale della Lega rispetto a FI) e contemporaneamente perseverare nell’ignorare quella folta schiera di cittadini astenuti che non hanno un referente politico credibile.
Dovremmo considerare Berlusconi il principale responsabile di tutto questo? No, visto che l’ex Cav, da un letto d’ospedale, senza più la verve degli anni che furono, con la trattativa per la cessione del Milan che va per le lunghe, le rogne della gestione Pascale, e soprattutto dopo aver sottoscritto il patto del Nazareno, ha lanciato tutti i segnali di fumo possibili per esplicitare la sua fine politica.
Il vero responsabile di tutto questo appiattimento alla destra del PD è proprio il leader del Carroccio. Invece di proseguire sui temi euroscettici che tanto successo gli avevano procurato alle elezioni europee; piuttosto che dare una maggiore profondità al problema dell’immigrazione, spiegando le vere cause di questo disastro umano; o ancora, avventurarsi in dichiarazioni sulla politica internazionale che fanno a cazzotti con le logiche degli attuali schieramenti mondiali; invece di impegnarsi nella costruzione lungimirante di una forza politica che finalmente si affrancasse dai moderatismi di ogni sorta responsabili di questo sistema imperante e costruisse una valida alternativa di destra allo sfacelo nazionale ed europeo, Salvini ha deciso di seguire le trame del passato e condannarsi alla banalità del presente.
Non solo: egli è il principale artefice di quella che potremmo definire l’anomalia italiana in campo populista. In quasi tutti i paesi europei, infatti, si va consolidando uno scenario politico dove i partiti moderati ascrivibili all’area del centro destra dialogano esclusivamente (ed in alcuni casi, vedi la Germania, governano) con i loro omologhi dello schieramento opposto. Di contro, le forze populiste vengono da questi marginalizzate, denigrate, spesso criminalizzate, soprattutto se hanno connotazioni “destrorse”. Ma proprio questa considerazione di subumanità ha dato la forza a movimenti come il FN della Le Pen o all’FPO austriaco di recidere i legami di dipendenza con schemi vetusti, rimarcare una certa differenza con il potere dominante e costruire negli anni, dopo notevoli sforzi, un’alternativa credibile conquistando quell’elettorato che della dicotomia destra/sinistra non sa più cosa farsene e che soprattutto si sente esclusa dalle magnifiche sorti globaliste e/o eurocratiche.
Se da un lato questa naturale ed inevitabile evoluzione del magma politico ha ormai attecchito nella stragrande maggioranza dei paesi europei, dall’altro l’Italia sembra ne sia immune, perchè da noi evidentemente non si è capito quanto potenziale possa esprimere una forza sinceramente sovranista, contraria all’eurodittatura ed ai burattinai d’oltreoceano, che con sottile premura relegano il nostro continente ai margini della storia.
Per una volta, l’Europa può essere un buon esempio: se Salvini proprio non dovesse avere molte idee su come riorganizzarsi dopo la débacle delle amministrative, gli basta gettare uno sguardo al di là delle Alpi, oppure oltre il Brennero.
Rialzarsi dalla fossa potrebbe non essere poi così difficile.