di Gaetano Sebastiani
Era inevitabile che i risultati delle amministrative lanciassero sulla ribalta mediatica il M5S ed il PD. Per ragioni diametralmente opposte, i due schieramenti sono da giorni al centro del can can giornalistico: i pentastellati si godono i successi più o meno clamorosi di Roma, Torino e dei comuni minori dove avevano raggiunto il ballottaggio, mentre i renziani scoprono all’improvviso che le favole raccontate dal presidente del consiglio non hanno dato sogni d’oro agli elettori.
Una particina davvero risicata, invece, è riservata al centro destra. Nei dibattiti lo si nomina di sfuggita, quasi solo per tributare una sorta di meccanico rispetto a quella che, fino a pochi anni fa, era la prima forza del paese. Ad oggi, infatti, e soprattutto a seguito dell’esito elettorale, si può (o forse si deve) parlare di centro destra come ectoplasma del palcoscenico politico italiano, come cadavere ambulante in cerca di una fossa dove riposare le proprie stanche membra. E, saremo chiari su questo, ben venga tutto ciò. Ben venga che il progetto “moderato” sia stato sconfitto in una città simbolica per il centro destra come Milano. Chissà se i principali artefici del pout pourri partitico che metteva magicamente insieme gli acerrimi nemici Ncd e Lega avranno capito che un tale coacervo non è tollerabile. Ben venga che questa prosecuzione interminabile della stagione berlusconiana prenda una sonora bastonata e si riduca al ruolo di suggeritore elettorale per meri scopi antirenziani e nulla più.
Chissà se finalmente Salvini avrà capito che continuare a flirtare con Forza Italia, cioè imporsi di annacquare le proprie posizioni più critiche verso lo status quo (quindi quelle più interessanti) per dialogare con chi giammai parlerà la tua lingua, significa solo perpetuare il ruolo di Re senza trono dei “moderati” (alla luce del maggiore peso elettorale della Lega rispetto a FI) e contemporaneamente perseverare nell’ignorare quella folta schiera di cittadini astenuti che non hanno un referente politico credibile.
Dovremmo considerare Berlusconi il principale responsabile di tutto questo? No, visto che l’ex Cav, da un letto d’ospedale, senza più la verve degli anni che furono, con la trattativa per la cessione del Milan che va per le lunghe, le rogne della gestione Pascale, e soprattutto dopo aver sottoscritto il patto del Nazareno, ha lanciato tutti i segnali di fumo possibili per esplicitare la sua fine politica.
Il vero responsabile di tutto questo appiattimento alla destra del PD è proprio il leader del Carroccio. Invece di proseguire sui temi euroscettici che tanto successo gli avevano procurato alle elezioni europee; piuttosto che dare una maggiore profondità al problema dell’immigrazione, spiegando le vere cause di questo disastro umano; o ancora, avventurarsi in dichiarazioni sulla politica internazionale che fanno a cazzotti con le logiche degli attuali schieramenti mondiali; invece di impegnarsi nella costruzione lungimirante di una forza politica che finalmente si affrancasse dai moderatismi di ogni sorta responsabili di questo sistema imperante e costruisse una valida alternativa di destra allo sfacelo nazionale ed europeo, Salvini ha deciso di seguire le trame del passato e condannarsi alla banalità del presente.
Non solo: egli è il principale artefice di quella che potremmo definire l’anomalia italiana in campo populista. In quasi tutti i paesi europei, infatti, si va consolidando uno scenario politico dove i partiti moderati ascrivibili all’area del centro destra dialogano esclusivamente (ed in alcuni casi, vedi la Germania, governano) con i loro omologhi dello schieramento opposto. Di contro, le forze populiste vengono da questi marginalizzate, denigrate, spesso criminalizzate, soprattutto se hanno connotazioni “destrorse”. Ma proprio questa considerazione di subumanità ha dato la forza a movimenti come il FN della Le Pen o all’FPO austriaco di recidere i legami di dipendenza con schemi vetusti, rimarcare una certa differenza con il potere dominante e costruire negli anni, dopo notevoli sforzi, un’alternativa credibile conquistando quell’elettorato che della dicotomia destra/sinistra non sa più cosa farsene e che soprattutto si sente esclusa dalle magnifiche sorti globaliste e/o eurocratiche.
Se da un lato questa naturale ed inevitabile evoluzione del magma politico ha ormai attecchito nella stragrande maggioranza dei paesi europei, dall’altro l’Italia sembra ne sia immune, perchè da noi evidentemente non si è capito quanto potenziale possa esprimere una forza sinceramente sovranista, contraria all’eurodittatura ed ai burattinai d’oltreoceano, che con sottile premura relegano il nostro continente ai margini della storia.
Per una volta, l’Europa può essere un buon esempio: se Salvini proprio non dovesse avere molte idee su come riorganizzarsi dopo la débacle delle amministrative, gli basta gettare uno sguardo al di là delle Alpi, oppure oltre il Brennero.
Rialzarsi dalla fossa potrebbe non essere poi così difficile.