di Gaetano Sebastiani
Non sentite anche voi gli scricchiolii sinistri dell’impalcatura globalista? Non avete percepito quel tipico rumore che produce una struttura decadente prima di crollare? No, non facciamo riferimento alla débacle nelle Elezioni Midterm di Obama. Sapete bene che chiunque vinca (o perda) negli USA, oggi o domani, rappresenta solo l’ennesimo burattino nelle mani dell’élite mondialista che viene usato e poi gettato via per procedere senza eccessivi intoppi all’attuazione dell’agenda del New World Order. A proposito: dove sono finiti gli “obamisti” di mezzo mondo, quei radical-chic di sinistra ben pensanti che avevano salutato l’avvento del presidente nero come l’inizio di una nuova e radiosa era? Ricordate le scene di giubilo per strada (negli States) e nei salotti buoni delle Tv (in Europa), durante le quali si pontificava sulla venuta del “salvatore” dell’umanità? C’è ancora qualcuno che ha il coraggio di difendere questa amministrazione? Che sia in grado di evidenziare qualche differenza con quella precedente? Che sia capace di affermare che abbiamo vissuto anni di pace e prosperità? Nessuno?
Tornando agli scricchiolii di cui sopra, osserviamo con piacere come essi siano il frutto, in realtà, di una presa di coscienza di un numero sempre crescente di stati e/o movimenti di massa, che si muovono (in)volontariamente all’unisono verso la costituzione di un fronte sovranista internazionale, alternativo al sistemista liberista occidentale.
Alla testa di questo lento, ma progressivo processo di risveglio, si pone indubbiamente la Russia. Nel recente discorso del presidente Putin al Club Valdai è emersa ancora una volta la volontà di ricostruire dalle fondamenta l’assetto delle relazioni internazionali su basi sovraniste: dialogo tra paesi su basi paritarie, nel rispetto dei reciproci interessi economici in politica estera; libera affermazione dei valori nazionali e tradizionali in campo interno, senza ingerenze ed interferenze esogene. Il leader russo ha, in sostanza, criticato tutti quei governi nei quali lo stesso concetto di sovranità nazionale è diventato un valore relativo ed ha sottolineato come la lealtà di questi all’attuale status quo non ha evitato spiacevoli episodi di spionaggio, pressioni, intromissioni, limitanti la libertà d’azione nazionale.
In Europa, i segnali confortanti emersi durante le ultime elezioni trovano conferma nelle recenti vicende di alcuni stati membri. Nell’indifferenza dei principali media occidentali, registriamo innanzitutto il grande risultato del Front National della Le Pen che ha sfondato il muro degli 80.000 iscritti, ennesima testimonianza di forte radicamento territoriale e di capillare diffusione delle tendenze sovraniste in Francia, in particolare tra i giovani. È l’esito naturale di un lungo lavoro, iniziato anni fa, durante il quale il movimento nazionalista ha effettuato una efficace operazione di restyling, abbandonando certi “fantasmi” del passato e ponendosi come coerente forza di opposizione alle logiche globaliste ed europeiste. Basta ascoltare il breve discorso della Le Pen a Bruxelles contro la nuova Commissione Europea, guidata da Juncker, per rendersi conto dell’esplosività di questo partito e della sua leader.
Mentre il FN consolida la sua posizione tra gli elettori transalpini, in Spagna assistiamo ad un vero e proprio exploit di una nuova forza di stampo sovranista: parliamo del movimento Podemos. Già fattosi notare durante le ultime consultazioni per Bruxelles, il partito guidato da Pablo Iglesias sarebbe la prima forza del paese iberico – secondo un sondaggio Metroscopia – con circa il 27% dei consensi. Un risultato clamoroso se si considera che la Spagna, come tanti altri paesi europei, ha vissuto per decenni sulla stantia alternanza di due partiti, quello popolare e quello socialista, evidentemente incapaci di raccogliere il consenso di una cittadinanza stanca delle politiche di austerity. Gli obbiettivi di Podemos sono la nazionalizzazione dei principali servizi pubblici, la lotta alle banche ed alla finanza, incentivi alla piccola e media impresa ed alla produzione locale e soprattutto l’uscita dall’euro e dalla UE.
Il perimetro di questo fronte antimondialista si allarga se includiamo altri casi più o meno noti. Oltre al ben suffragato UKIP di Nigel Farage in Inghilterra, una menzione speciale va fatta per l‘Ungheria di Orban (vista la censura applicata dalla disinformazione occidentalista): la nazionalizzazione della banca magiara ed il suo conseguente distacco dalla BCE ha il sapore della sfida alle lobby ultraliberiste che sorreggono il sistema. E di non poco conto per i futuri equilibri internazionali sono gli avvicinamenti ai BRICS di Argentina ed Indonesia e la riconferma della Rousseff alla guida del Brasile, nonostante gli sforzi profusi dai globalisti (Soros incluso) per ottenere un risultato elettorale differente.
E qui da noi cosa succede? L’Italia, nonostante un governo che finge di volersi divincolare dalle strette europeiste e nonostante la sua incrollabile fedeltà all’alleato americano, conta al momento ben due formazioni politiche di un certo rilievo che possono in qualche modo ascriversi al fronte sovranista. Da un lato, il M5S al quale va rimproverato il notevole ritardo nel voler assumere posizioni nettamente anti-euro e la relativa ambiguità sul tema durante la campagna per le europee. In questi ultimi giorni, sul blog di Grillo sono stati pubblicati ben 11 post, al fine di alimentare il dibattito sulla necessità dell’uscita dalla moneta unica. Come mai tutto questo tam tam solo ora e non al momento opportuno? La ragione è molto semplice e va ricercata proprio nell’azione della seconda forza politica cui accennavamo: la Lega di Salvini. Resosi conto della potente ascesa nei sondaggi dei leghisti, Grillo ha pensato bene di rispolverare un cavallo di battaglia che, invece, il leader del Carroccio ha sfruttato con chiarezza sin dai tempi della corsa agli scranni di Bruxelles. E le conseguenze di questa coerenza sui contenuti sono visibili a tutti. Oggi la Lega ha un indice di gradimento in costante ascesa (persino al Sud), anche perchè, abbandonate le velleità prettamente secessioniste, ha incentrato l’attuale azione propagandistica sui temi dell’identità nazionale e dell’autonomia territoriale, su una decisa opposizione all’euro ed alle istituzioni europee.
Il quadro delineato finora chiarisce la grande novità politica che si sta affacciando sullo scacchiere internazionale. Siamo ancora lontani dall’individuare in tutte queste manifestazioni un principio di organicità organizzativa o di armonia nell’azione, vuoi per alcune differenze ideologiche al momento non sormontabili, vuoi perchè in alcuni casi parliamo di entità che hanno già raggiunto il rango di forza di governo, come in Russia, ed altre che vivono ancora in un contesto di mera opposizione. Vuoi, infine, perchè alcuni di questi movimenti probabilmente non hanno colto fino in fondo la sfida che la modernità ha lanciato loro e non sono capaci di “osare”.
Sarebbe auspicabile che oltre alle iniziative già in atto, come quelle attivate dai BRICS, la cui sola presenza ed esistenza è uno schiaffo al progetto unipolare voluto dai globalisti, vi fosse un progetto più pregnante per quelle forze europee che si battono per il ripristino della sovranità. È stato il Vecchio Continente, infatti, uno degli esempi più clamorosi di depauperamento dell’indipendenza nazionale e di asservimento alle élite americaniste prima e mondialiste dopo. Se un fronte antiglobalista organizzato, compatto, maggiormente consapevole delle proprie potenzialità potesse nascere in Europa e mettere definitivamente in crisi l’egemonia delle attuali istituzioni continentali, si sferrerebbe un colpo mortale a quell’impalcatura di cui parlavamo all’inizio e si manderebbe un chiaro messaggio di sfiducia a quei centri di potere internazionali che hanno tutto l’interesse a frustrare le prospettive identitarie. Se i popoli vorranno un futuro, una vera alternativa, una via d’uscita a questo stato di crisi perenne (non solo economica), ebbene quel futuro va ricercato nel sovranismo.
*A cura di Gaetano Sebastiani