NELLA MENTE DI UN MONDIALISTA

di Gaetano Sebastiani

Se Macron non avesse vinto le presidenziali francesi, probabilmente il suo nome sarebbe ancora celato dietro le nebbie dell’insondabile élite mondialista. Parliamo di Jacques Attali, a più riprese auto-definitosi scopritore e mentore dell’enfant prodige della politica transalpina. Per quanto l’influenza esercitata su Monsieur le Président sia esplicita, non altrettanto palese risulta l’influsso che la visione di quest’uomo ha non solo sulle strategie delle forze globaliste, ma anche sui “valori” della società occidentale post-moderna. Cerchiamo di capirne di più.
Attali nasce ad Algeri nel 1943, in un’agiata famiglia di origini ebraiche. Dopo il trasferimento a Parigi, comincia una brillante carriera di studente nelle più prestigiose scuole di formazione politico-economica del Paese, tra cui l’Institut d’études politiques (Sciences-Po) e l’École nationale d’administration (Ena). Durante lo stage presso quest’ultima istituzione, incontra François Mitterrand con il quale avvia una lunga collaborazione culminante con l’elezione dell’esponente socialista a Presidente nel 1981. Nel corso del settennato, non casualmente, si guadagna l’appellativo di “eminenza grigia”. Nel 1991 presiede la BERD, la banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo, un istituto finanziario sostenuto dagli esecutivi occidentali per orientare le economie dei Paesi appena usciti dall’esperienza comunista verso un sistema di tipo capitalistico. L’impegno politico di Attali non conosce confini di parte e dagli anni Duemila lo troviamo a lavorare per la “destra” transalpina. Nel 2007, infatti, è posto da Sarkozy a capo della “Commissione per la liberazione della crescita”, entità – a cui partecipa anche un certo Mario Monti – impregnata di liberismo oltranzista. Il resto degli ultimi impegni pubblici è noto ai più: è proprio Attali a suggerire ad Hollande il nome di Macron nell’ambito del suo esecutivo ed una volta liquidata l’infelice presidenza, impone il giovane banchiere dei Rothschild come argine all’avanzata sovranista della Le Pen, costruendo dal nulla il movimento “En Marche”.
Ci troviamo, dunque, di fronte ad un abile manovratore politico? Ad un esperto di economia, alfiere indefesso dell’ultraliberismo? Ad un pontefice della globalizzazione, acerrimo nemico di qualsiasi forma di sovranità nazionale? Attali è sicuramente tutto questo, ma anche qualcos’altro. Non tutti sanno, infatti, che il nostro è uno tra i più prestigiosi membri del B’nai B’rith, loggia massonica riservata in via esclusiva agli ebrei. I “figli dell’Alleanza” (è la traduzione dall’ebraico di B’nai B’rith) hanno come scopo fondamentale quello di unire i confratelli per i loro interessi più elevati, difenderne il patrimonio religioso e spirituale, in special modo educando i giovani e lottando contro ogni forma di antisemitismo. Inoltre, gli esponenti della loggia avocano a sè una particolare responsabilità formativa, non solo nei confronti di tutti gli altri ebrei, ma anche verso i goym (cioè i non ebrei), i quali saranno illuminati dalla luce dei principi talmudici. Fatta questa necessaria premessa per comprendere la fonte culturale alla quale Attali si abbevera, cerchiamo di capire come questa si sposa con il mondo prossimo venturo da lui immaginato.
Innanzitutto, partiamo dalle sue visioni politiche desumibili da alcune interviste, o interventi pubblici facilmente reperibili in rete. Con l’avvento della mondializzazione, alcune istituzioni cambiano necessariamente forma e si svuotano del loro potere originario. La figura del Presidente in Francia, ad esempio, non avrà più poteri se non quelli consentiti dal mercato unico. Le ragioni di questo processo sono da ricercarsi nell’euro, che fa sì che gran parte dell’economia politica sia divenuta europea; nella decentralizzazione, visto che i grandi investimenti non partono più dallo Stato, come i progetti sulle grandi infrastrutture; nelle privatizzazioni: non c’è più politica industriale possibile; nella globalizzazione, in quanto il mercato ha ampiamente vinto. In tema di terrorismo e sicurezza, Attali sembra auspicare l’introduzione in pianta stabile di uno stato d’allerta (con conseguenti contrazioni della libertà dei cittadini) simile a quello generato dal Patriot Act in America. Naturalmente, su scala globale. Egli afferma spudoratamente: “Nessun governo oserà più oggi rinunciare allo stato d’eccezione. Non se ne uscirà mai più, perché ogni governo che uscisse dallo stato d’emergenza darebbe un segnale di debolezza”. Essendo stato tra i principali architetti dell’impalcatura europea, Attali non manca di farci sapere un particolare di estrema importanza, ma poco pubblicizzato, che dà pienamente ragione ai critici dell’UE i quali pensano che le istituzioni continentali siano una gabbia: “Tutti coloro, fra cui io, che hanno avuto il privilegio di tenere la penna per stilare le prime versioni del trattato di Maastricht, ci siamo impegnati a fare in modo che uscire [dalla UE] non sia possibile. Abbiamo avuto cura di dimenticare di scrivere l’articolo che permetta l’uscita”.
E poi, il fulcro fondamentale del pensiero dell’ex consigliere di Mitterand, la sua vera ossessione: il Mercato, le sue “vittorie” e come la sua espansione sconfinata modificherà non solo i diritti dell’uomo, ma anche la sua più intima concezione della vita e dei valori. Secondo Attali, “il mercato si estenderà a settori dove fino ad oggi non ha accesso: per esempio la sanità, l’istruzione, la polizia, la giustizia, gli affari esteri – e contemporaneamente, nella misura in cui non ci sono regole di diritto, il mercato si estenderà a settori oggi considerati illegali, criminali: come la prostituzione, il commercio degli organi, delle armi, il racket, eccetera”. Senza limitazioni, esso produrrà persino la “commercializzazione della cosa più importante: ossia la vita, la trasformazione dell’essere umano in una merce di scambio: lui stesso divenuto un clone e un robot di se stesso”. Una visione così cinica della vita non può non influenzare anche le idee sul suo opposto, cioè la morte e le innovative modalità a cui giungervi nel mondo di domani, dominato dal mercato. Nel libro L’avenir de la vie, Attali dichiara: “Quando si sorpassano i 60-65 anni, l’uomo vive più a lungo di quanto non produca e costa caro alla società… L’Eutanasia sarà uno degli strumenti essenziali delle nostre società future, in tutti i casi che si configurano. In una logica socialista la libertà, e la libertà fondamentale, è il suicidio… Macchine per sopprimere permetteranno di eliminare la vita allorchè sarà troppo insopportabile, o economicamente troppo costosa”. Scenari inquietanti sul tema vengono delineati anche in un’altra opera, Dizionario del XXI secolo: “Si arriverà, un giorno, persino a vendere dei “ticket di morte”, che daranno il diritto di scegliere far vari tipi di fine possibili: eutanasia a scelta, morte a sorpresa nel sonno, morte sontuosa o tragica, suicidio su commissione, eccetera la propria morte come la morte di un altro”.
E nel solco delle nuove teorie sulla sessualità, non poteva mancare il suo contributo distopico sull’argomento: il “poliamore”. Nel mondo futuro immaginato dal globalista, il concetto stesso di fedeltà verrà ribaltato e soppiantato da una infedeltà comunemente accettata. In una intervista al quotidiano La Repubblica dichiara: “In analogia con il networking ci sarà il netloving, un circuito sentimentale con più individui. A che titolo si dovrebbero avere due case e due cellulari, e non più relazioni?”. Anche qui, la logica mercatista prende il sopravvento ed i sentimenti vengono tramutati in mero desiderio di possesso. Afferma Attali: “Nella libertà moderna si rivendica il diritto di non scegliere. Meglio: di scegliere un congiunto nell’istante, senza che ciò pregiudichi la scelta di un altro poco dopo. Quest’attitudine si farà sempre più accentuata, e la trasparenza porterà all’affermazione del diritto ad avere molti amori, omosessuali o eterosessuali, ma più spesso dettati dalla bisessualità”. Neanche la famiglia è risparmiata da questo processo di frammentazione, in quanto la tendenza individuata da Attali conduce verso la “poligenitorialità”. Essa sarà fondata: “sull’avvicendarsi di madri e padri, un po’ come già accade parzialmente nelle odierne famiglie allargate. I figli saranno allevati da un unico genitore o da altre coppie, e i genitori biologici potranno condividere le responsabilità educative con i nuovi compagni e con gli ex, con gli ex degli ex e con estranei. Tutto si muove in tale direzione, comprese la pratiche di procreazione assistita, che condurranno a separare sempre più la riproduzione dalla sessualità e dall’amore”.
Per quanto alcune teorie fin qui esposte possano sembrare assurde o impensabili, il solo fatto che vengano espresse da uno degli alfieri della globalizzazione ne certificano l’applicabilità, in un futuro più o meno lontano. Penetrare la mente di un mondialista, dunque, serve a comprendere innanzitutto a cosa gli architetti di questa società impazzita ci stanno preparando ed in secondo luogo, a scoprire a quali abissi di nichilismo gli stessi attingono per elaborare questi progetti. Resta solo da scoprire che tipo di opposizione tali prospettive incontreranno. Ci si augura che non tutta l’umanità del futuro venga addomesticata sulla base delle visioni di Jacques Attali.

 

TIRA ARIA DI SOCIAL-FOBIA

di Marcello D’Addabbo

Non la smettono. Non vogliono accettare di essere contestati. Politici, gente delle istituzioni, opinion makers dei talk show televisivi “generalisti”, un agguerrito convento di moralisti sceso in campo per contrastare gli “haters”, gli odiatori di professione. Ne abbiam già discusso quando a tirare la cima di rapa erano gli Andrea Scanzi (omen nomen), i Marco Travaglio – “sono ormai incapace, confessa, di gestire la mia pagina Facebook” e dulcis in fundo…Enrico Mentana, l’odiatore di odiatori per eccellenza, che tuttavia ha almeno la faccia di (far)rispondere colpo su colpo a tutti i post ostili che riceve. Ma la vicenda sembra non avere fine, perennemente rinnovata da chi non accetta di coniugare la propria fichissima notorietà pubblica con qualche vaffanculo ben assestato dal lettore di turno. Di recente Myrta Merlino, conduttrice di “L’Aria che tira” su La7 ha ingaggiato nel suo spazio pomeridiano una campagna contro l’odio sui social. Prima ospitata inaugurale di questo splendido sceneggiato tv, ovviamente, riservata “honoris causa” a Laura Boldrini – poteva mancare il bersaglio universale di tutti gli haters d’Italia? – beatificata martire di questi nuovi unni del web…i soliti sessisti ignoranti e vigliacchi. Insomma, la vecchia storia dei leoni da tastiera che si nascondono nell’anonimato di un nickname per scagliare impunemente tonnellate di improperi. “Bisogna reagire! Devono assumersi le loro responsabilità nei tribunali, vogliamo i nomi!” – strilla la vippaglia politicoide dei sinistrorsi che non hanno fatto in tempo a rifluire dai cortei del ’68 – dove intonavano “vietato vietare” – per invocare la più dura repressione da scatenare contro chiunque li contesti, ora che in parlamento e nei ministeri ci sono finalmente loro. Insomma siamo alle solite, dalla rivoluzione al regime il passo è durato quanto il passaggio dall’adolescenza all’età adulta. 

La nuova stagione televisiva del programma della Merlino vede al centro di ogni puntata(!) la campagna di sensibilizzazione sul problema della violenza verbale e dell’offesa gratuita sui social – una campagna virale con il patetico hashtag #odiolodio e l’impegno a inviare i propri giornalisti a “cercare gli haters”. Laura Boldrini, che in agosto ha fatto sapere che denuncerà chi la fa oggetto di “quotidiane sconcezze, minacce e messaggi violenti”, quasi tutti a sfondo sessuale, ovviamente è la madrina dell’iniziativa. E qui urge una riflessione: possibile che non si rendano conto di quanto siano diventati comici?? E’ una reazione a dir poco divertente, tutta da ridere, da zitelle isteriche, bizzoche moraliste della parrocchia di un paesello, che denota tutta l’impotenza dell’insultato/a di turno a contrastare l’attacco ricevuto. Certo, molto più conveniente puntare l’indice sulla volgarità e gratuità dell’insulto della rete che porsi, mettendosi in discussione, la più semplice delle domande…PERCHE’? Perché sono tanto odiati e insultati dalla rete? Troppo arduo indagare sulla natura di questa rabbia smisurata, forse ancora più autentica proprio quando è priva di argomentazioni, pura nella sua violenza, marinettianamente igienica, futurista e un po’ alla Fight Club, che scaturisce, inutile nasconderlo, dal profondo senso della giustizia umana, da quell’armonia negata e sfregiata ogni giorno da queste insulse comparse del dibattito pubblico, da questa gente pagata per calmierare con i talk show la schiuma rabbiosa del popolo che altri, più in alto di questi figuranti, intanto saccheggiano e umiliano senza sosta e ritegno. Già perché basterebbe possedere un minimo di residuale intuito per la lettura degli eventi per comprendere la natura di certi moti popolari, anche quando si esprimono – come oggi – attraverso il web. La natura dell’intimo legame retributivo che unisce i torti subiti con la rabbia che inevitabilmente ne scaturisce, talvolta persino ad insaputa dell’agente, il rabbioso di turno, che apparentemente non è che un semplice teppista verbale privo di bon ton. Insomma saper leggere tra le righe e gettare lo sguardo nel profondo “maelstrom” della coscienza collettiva, è una facoltà che queste comparse da avanspettacolo dimostrano di non possedere nel dna.  

Esiste un istinto nel popolo, autentico e primordiale, che gli consente di percepire la differenza di massima tra verità e menzogna. E’ quell’istinto che fece votare in massa gli italiani per Berlusconi proprio quando era maggiormente aggredito, per via giudiziaria, da poteri anti-italiani e manine straniere – Eni/Gazprom aveva fatto perdere la pazienza agli stessi che fecero fuori Enrico Mattei. Quel senso di giustizia che si trasforma in rabbia non appena la giustizia è negata. Metti una Boldrini, nel ruolo di portavoce dell’agenzia mondialista UNHRC già agitava una campagna contro i respingimenti degli immigrati operati dall’allora ministro Maroni (il migliore responsabile degli Interni fino ad ora), e oggi continua a sviolinare il verbo Onu-sorosiano dell’”accogliamoli tutti” in un Paese uscito da dieci anni di devastazione economica (peggio del 29’) dove il 60% dei giovani del Sud è privo di lavoro e prospettive, senza contare i nostri emigrati che sono già all’estero e quelli che continuano a fuggire – migranti economici italiani, no!? Per comprendere la rabbia contro la Boldrini bisogna far parlare quei fiumi di ragazzi (e adulti) che si mettono in coda per accedere ai concorsi pubblici nazionali presso i padiglioni della Fiera di Roma. Un rito collettivo che accomuna sogni, disperazioni, aspettative e frustrazioni di migliaia di italiani che non hanno ancora preso il fatidico biglietto aereo verso i dorati regni della meritocrazia germanica ed anglosassone. Quelli che non hanno ancora deciso “di andarsene” e ne pagano le conseguenze. Per 800 posti di Cancelliere nei Tribunali italiani si sono iscritti online in 25 mila. Per un centinaio di posti da infermiere a Genova si sono presentati in 12 mila. Ma la signora della Camera è comunque intenta a menarci mezza Africa nel cortile di casa. E’ una rabbia, quindi, appena proporzionata a ciò che si subisce tutti i giorni e che in linea di principio non avrebbe bisogno di essere accompagnata da argomentazioni e chiacchiere da salotto. La Boldrini non è presa di mira in quanto donna come si sente spesso ridicolmente affermare (lo era la signora Nilde Iotti nei tanti anni di presidenza della Camera per caso??), ma in quanto capolavoro di doppiezza e insensibilità, un mostro di falsità finto-moralista al servizio dei piani alti del potere, quelli interessati a oliare di retorica il processo della “grande sostituzione” voluta dalle multinazionali e banche per abbassare il costo del lavoro, come spiega ormai da mesi l’instancabile Diego Fusaro. Una retorica che viene, oltretutto, somministrata alle plebi democratiche da gente che di solito si sposta in auto e aerei di Stato, scortata da buttafuori di Stato, che manda i propri figli nelle università private e conduce uno stile di vita lontano anni luce da quegli immigrati che in televisione e nelle compiaciute apparizioni ai convegni universitari pontifica di voler accogliere fraternamente. Da qui nasce il grido populista “ospitateli a casa vostra”, falsamente scambiato per irrazionale xenofobia. Il popolo comprende queste dinamiche più di quanto non credano lorsignori. E di conseguenza ruggisce. E loro cosa fanno? Reprimono! Perché non sopportano sentire rimbombare le urla della gente nel vuoto pneumatico delle loro non risposte. Pertanto, era ovvio, la marea oggi monta e tanto Renzi quanto Berlusconi devono vedersela rispettivamente con Grillo e Salvini che si ingrossano elettoralmente come baobab nel deserto. Già perché questi due hanno semplicemente capito che la marea montante della furia popolare non va contrastata ma al contrario compresa e interpretata, utilizzata eventualmente come vettore di cambiamenti epocali nel cuore dell’Occidente, se mai ne saranno capaci. Quando un corpo reagisce vuol dire che è ancora vivo e non accetta di decomporsi. Se questa realtà di disagio profondo che cova, viene negata e repressa mediante la promulgazione di leggi che sanciscono reati d’opinione o mediante l’attività di polizia postale finalizzata a chiudere decine di pagine Facebook agli ordini di questa casta di “infastiditi” è il segno che un sistema è al collasso. Cosa potranno ancora imputare a Putin adesso? Di essere un dittatore? Un Duce? Esiste la legge Fiano in Russia? Le opinioni lì sono perseguite fino ai gesti e ai simboli grafici riportati sui gadget? A chi appartengono i canali di informazione in Occidente? Come mai è presa tanto di mira proprio la rete, e il web dei social network, dove esiste un padrone – certo…mica crediamo alla fata turchina qui – ma non ci sono direttori prezzolati che ti dicono cosa puoi o non puoi scrivere? La libertà di opinione come espediente costituzionale creato con il presupposto di controllare i principali giornali e televisioni, screditando poi moralmente tutto ciò che si colloca fuori da quei circuiti patinati quanto blindati, ai piani inferiori, nella fogna del populismo e dove cova la “pancia del Paese” – ennesimo “ghetto semantico” ideato del regime dei media – ormai non funziona più. Si sono invertite le proporzioni numeriche. E la repressione in rete, tanto invocata in questi giorni, non farà che muovere la brace ardente e attizzare il fuoco. A quel punto, con buona pace della signora Merlino, sarà un’altra…l’aria che tira.

LA RELIGIONE DEL NUOVO ORDINE MONDIALE

di Gaetano Sebastiani

Che il progetto verso il Nuovo Ordine Mondiale sia sostenuto da istituzioni di varia natura, apparati mediatici, personaggi pubblici provenienti dal mondo dell’entertainment, centri di propaganda ideologica (economica e politica) è un dato di fatto acclarato. Meno diffusa è l’idea che questo gigantesco processo di trasformazione della società in senso globale e globalizzato, sia influenzato da una vera e propria religione, la cui presenza si muove ambiguamente tra i confini dell’ufficialità e quelli della segretezza.
La principale fonte d’ispirazione di questa dottrina di stampo mondialista è il Lucis Trust. Questo ente (ufficialmente trattasi di una Ong membro del consiglio economico e sociale dell’ONU) è aperto a  tutti, esposto alla luce del sole e non nasconde nulla – o quasi, come vedremo in seguito – della propria visione del mondo. Dal sito internet dell’organizzazione, infatti, leggiamo: “Il Lucis Trust è dedicato alla creazione di un nuovo e miglior modo di vivere per tutti nel mondo, e si basa sulla realizzazione del piano divino per l’umanità. Le sue attività educative promuovono il riconoscimento e la pratica dei principi spirituali e i valori su cui si può fondare una società stabile e interdipendente. Nel mondo sono divulgati, in otto lingue diverse, i testi e le attività di Alice Bailey, considerata la fautrice della filosofia esoterica.”
Niente di strano, crederete. La solita ed innocua solfa New Age, penserà qualcun’altro. Ebbene, cerchiamo di capirne di più attraverso le vicende alquanto singolari della sua fondatrice ed “ideologa”, appunto Alice Bailey.


La nostra nasce nel 1880 in Inghilterra, in una famiglia cristiano-ortodossa. Dopo un’infanzia ed un’adolescenza infelici, contraddistinte da svariati tentativi di suicidio, all’età di 15 anni – mentre era in casa da sola – avverte una presenza estranea che la ingaggia per una missione di capitale importanza: la diffusione di specifici insegnamenti destinati a cambiare l’uomo ed il mondo in cui egli vive. Questo sarà il primo contatto con entità metafisiche, chiamate più tardi “Maestri Ascesi”, che segneranno la vita, l’opera e l’azione di Alice.
Trasferitasi negli USA nel 1907, conosce e poi sposa Foster Bailey (massone di 33° grado) che la introduce agli insegnamenti della Teosofia dell’esoterista H. P. Blavastky. E’ in questo contesto, segnato da studi sull’occulto, la spiritualità e l’astrologia, che avviene il secondo e fondamentale contatto con un altro “Maestro”, il monaco tibetano Djwhal Khul, che attraverso la tecnica dell’””Overshadowing” (traducibile più o meno come “eclissamento”), cioè una tecnica avanzata di telepatia, diffonderà la sua dottrina, usando la Bailey come strumento di scrittura.
Questa collaborazione “telepatica” – molto simile a quella che la Blavastky intratteneva con le sue presenze interdimensionali, i cosiddetti “Capi Segreti” – frutterà la produzione di diversi libri, pubblicati dalla casa editrice fondata nel 1920 dai coniugi Bailey e chiamata inizialmente Lucifer Trust (o Lucifer Publishing Company) e poi modificata nel più rassicurante ed accettabile Lucis (come luce) Trust.
Per capire appieno la dottrina della Bailey e del suo mentore, Djwhal Khul, è necessario muovere un passo indietro e svelare il nocciolo centrale della visione spirituale di Madame Blavatsky, vera fonte di tutte le filosofie New Age e colonna portante del pensiero del Lucis Trust. Per la teosofista di origini slave, infatti, è necessario smontare un colossale equivoco presente nel Vecchio Testamento: quello secondo cui Satana rappresenta il male. Attraverso la lettura esoterica della Kabbala, si evince che il serpente della Genesi non è il principio corruttore, bensì un benefattore che consente ad Adamo l’accesso alla sapienza. Satana, o Lucifero, dunque si pone come “Messaggero” che conferisce all’uomo l’immortalità spirituale. Da questo punto di vista, quindi, egli rappresenta il sole spirituale, “l’energia centrifuga dell’universo”, il principio attivo della Terra, il suo vero signore, in contrapposizione a Geova che, sempre nella visione della Blavatsky, sarebbe il vero nemico dell’essere umano. Trattasi, dunque, di una palese inversione dei poli dei principi di stampo biblico, cristiano e manicheo di “buono” e “cattivo”, “bene” e “male”. Avendo questo presupposto come corrimano, possiamo addentrarci nella dottrina del Lucis Trust.


Innanzitutto, l’organizzazione venera delle entità metafisiche o interdimensionali chiamate “Gerarchie Esterne”, spiriti illuminati e propagatori di una consapevolezza superiore, che attraverso il “Piano” o “Piano di Dio” (cioè l’unificazione di ogni razza, religione e credo, secondo Foster Bailey) dovrebbero condurre l’umanità verso la tanto auspicata “Era dell’Acquario” governata da un certo Sanat Kumara, il “Signore del Mondo” (si tenga a mente chi era il vero signore del mondo per Madame Blavatsky…). Attraverso la sua dottrina, il Lucis Trust non sostiene solo gli spiriti disincarnati, ma anche uomini in carne ed ossa, dirigenti a livello internazionale, esperti e specialisti nei vari campi  che lavorino insieme per una cittadinanza, una federazione ed un cervello mondiale. Vi suona familiare?
Come ogni religione che si rispetti, anche nella dottrina del Lucis Trust sono previste festività e preghiere. Il plenilunio è decisamente il momento sacro per eccellenza, poichè trattasi di un periodo durante il quale “le energie spirituali sono a nostra disposizione in maniera unica e facilitano un rapporto più stretto fra l’umanità e la Gerarchia”. Tra i dodici pleniluni annuali, ce ne sono tre da tenere in particolare considerazione: la Festa della Pasqua o plenilunio di Aries, la Festa del Wesak o plenilunio di Taurus, la Festa della Buona Volontà o plenilunio di Gemini.
Durante la Festa del Wesak, in maniera specifica, è raccomandato di pronunciare a mo’ di mantra la preghiera principale dell’organizzazione, altrimenti detta  “La Grande Invocazione”, facilmente reperibile sul loro sito e dettata direttamente da Djwhal Khul nel 1945 ad Alice Bailey:

Dal punto di Luce nella Mente di Dio
Affluisca Luce nelle menti degli uomini.
Scenda Luce sulla Terra.

Dal punto di Amore nel Cuore di Dio
Affluisca Amore nei cuori degli uomini.
Possa Cristo tornare sulla Terra.

Dal Centro dove il Volere di Dio è conosciuto
Il Proposito guidi i piccoli voleri degli uomini;
Il Proposito che i Maestri conoscono e servono.

Dal centro che viene detto il genere umano
Si svolga il Piano di Amore e di Luce.
E possa sbarrare la porta dietro cui il male risiede.

Che Luce, Amore e Potere ristabiliscano il Piano sulla Terra.

Termini ed espressioni utilizzati hanno volutamente una natura ecumenica, facilmente comprensibile da tutti e da tutte le religioni “tradizionali” utilizzabili senza risultare eretici. Dai testi del Lucis Trust, si evince che tale approccio era frutto di una precisa volontà del “Maestro Asceso”, ma nel contempo si dice esplicitamente che il significato del testo cambia a seconda che quelle parole vengano pronunciate dall’uomo medio, dal discepolo o dall’iniziato…
Si, perchè se è vero che il Lucis Trust si configura superficialmente come una filosofia rivelata, aperta a tutti, con un sito internet in bella mostra e l’endorsement dell’ONU, nel contempo si autostruttura come la più classica delle logge esoteriche, che – come noto – riservano solo a seguaci particolarmente selezionati le verità più celate.
I principali canali di reclutamento della Ong sono la Scuola Arcana, i Triangoli e la Buona Volontà Mondiale. Nella prima, si fornisce la formazione per il discepolato della “nuova era”. Qui i principi della cosiddetta “Saggezza Eterna” sono presentati attraverso la meditazione esoterica, lo studio e il servizio come uno stile di vita da perseguire. I Triangoli possono essere considerati un vero e proprio network globale di cellule dell’organizzazione (formate appunto da tre persone) impegnate nella preghiera della “Grande Invocazione”: i partecipanti immaginano che i cuori e le menti della famiglia umana (sic!) vengano irradiati di luce e di buona volontà, rafforzando tutto ciò che è buono e vero e di bello vi è nel mondo. Infine, l’entità più “esterna”, la Buona Volontà Mondiale, essa stessa una Ong riconosciuta dalle Nazioni Unite, e principale canale di comunicazione con le più importanti organizzazioni ed istituzioni mondialiste per coinvolgerle nel lavoro di “esternalizzazione della Gerarchia” delle “Menti Illuminate” che ci introdurrano nell’età di “Maitreya”, il maestro iniziatore dell’era dell’Acquario.
Il Lucis Trust non solo ha copiose entrature nell’istituzione cardine dell’impalcatura mondialista, l’ONU, ma a quanto pare, attraverso la Windsor International Bank and Trust Company, sarebbe collegata ad organizzazioni come il  Fondo internazionale per lo sviluppo, la Fondazione Rockefeller, il Council on Foreign Relations (CFR). Insomma il fiore all’occhiello dell’élite globalista. Inoltre, può contare su una diffusione capillare mondiale anche tra la gente comune attraverso gruppi meditativi, semplici sostenitori, club culturali che, consapevolmente o meno, contribuiscono alla diffusione di una coscienza “superiore” globale e mondialista apparentemente improntata su valori comunemente accettati quali bontà, fratellanza, persino elevazione spirituale, ma che al fondo si abbeverano ad una fonte che quanto meno suscita perplessità. In qualsiasi modo la si voglia mettere, è inquietante pensare che una delle più attive, influenti e considerate Ong delle Nazioni Unite rechi nel suo nome (appositamente modificato per rendersi più accettabile) l’essenza malcelata del suo fondamento dottrinario.