LA (FINTA) FINE DEL NAZARENO É LA FINE DELLA LEGA?

di Gaetano Sebastiani

C’è chi dice che l’idillio sia davvero finito. C’è chi, invece, sostiene che l’intesa continui sottotraccia, attaverso altre forme di corteggiamento. A prescindere dalle differenti posizioni, il patto del Nazareno tra Renzi e Berlusconi tiene ancora in fervente ebollizione il calderone della politica italiana. Ed i fumi che continuano a propagarsi nelle stanze del potere cominciano a provocare effetti non desiderati.
Il canale di comunicazione che si sta aprendo in questi giorni tra l’ex-cavaliere e Salvini, infatti, potrebbe avere conseguenze devastanti per il Carroccio. Innanzitutto, vi è un danno d’immagine: gli sforzi prodotti in questi mesi di gestione post-Bossi, tutti tesi a segnare un punto di cesura con le precedenti esperienze politiche potrebbero andare in frantumi. Il giovane leader della Lega aveva risollevato le sorti di un partito morente, cavalcando con molta astuzia la battaglia no-euro durante le elezioni europee (anche grazie all’apporto teorico-programmatico di grandi economisti, vedi Bagnai). Tale posizione poneva di fatto la Lega quale forza nettamente distante dai protagonisti del partito unico delle larghe intese, visto che nemmeno il M5S – pur euroscettico – aveva prodotto teorie così “ardite” sulla moneta unica.
Inoltre, le dichiarazioni molto dure di Salvini dei mesi scorsi sugli inciuci tra Renzi e Berlusconi, sull’impossibilità di dialogare con “chi si fa fregare” e la scelta di “non barattare la coerenza per qualche voto in più”, potrebbero diventare lettera morta, se davvero la cena di Arcore dei giorni scorsi porterà a nuove intese tra Forza Italia e Lega.
Perchè l’isolazionismo del Carroccio, la distanza che si era naturalmente prodotta tra i protagonisti del Nazareno e gli ex-padani, lasciava a Salvini una prateria di voti tutta da esplorare e gli consentiva di pianificare un progetto politico più coerente con i propositi euroscettici, più vicina al sentire di molti elettori delusi da Berlusconi e dalle sue politiche ambigue. L’abbraccio con il caimano di Arcore, invece, spegnerebbe sul nascere questo potenziale e riconsegnerebbe la Lega all’alveo delle forze politiche che di giorno lavorano da contestatori del sistema e di notte si accordano con il nemico affinchè nulla cambi.
L’ascesa della Lega nei sondaggi – persino al Sud – potrebbe avere, dunque, esiti drammaticamente differenti rispetto a quelli visti in Francia con il Front National di Marine Le Pen, alla quale Salvini dice di ispirarsi. La leonessa transalpina ha ereditato dal padre un partito emarginato dalla scena politica (tranne che per rari e scostanti successi elettorali), etichettato come fascista, buono solo in quanto sfogatoio contro gli immigrati. Negli anni della sua gestione, questa forza politica si è trasformata in un grande partito nazionale, anzi “patriote” come suole ribadire la Le Pen, sovranista, fieramente anti-euro ed oggi, dopo anni di proficue elaborazioni progettuali e strategiche, è diventato il primo partito di Francia, pronto alla sfida con le formazioni filo-troika e con un numero di tesserati tra i giovani da far invidia al Pci degli anni settanta. Durante questo percorso, non vi è mai stato un cedimento verso il centro-destra transalpino, mai un dubbio sulla necessità di non siglare intese con l’UMP o altri partiti avversi.
Se Salvini non sarà animato da quella stessa pazienza, da quella stessa lungimiranza che dovrebbe discendere dall’urgenza di affrontare le sfide lanciate da questi tempi grami, dimostrerà di avere sguardo miope e poca aderenza allo spirito rinnovatore che lo aveva animato agli esordi. E la finta fine del Nazareno ci consegnerà, non solo altre tristi puntate della telenovela Renzi-Berlusconi, ma anche l’ennesimo vuoto politico che attende ancora una proposta adeguata.

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