IL DISCORSO DI PUTIN AL VALDAI

Aprite il giornale (o i social, è uguale) e leggete le dichiarazioni di Renzi, Berlusconi, Vendola, Alfano. Allargate lo sguardo all’Europa e curiosate fra le affermazioni di Merkel, Hollande, Cameron, Junker. Poi collegatevi a qualche sito d’informazione americano e date un’occhiata a ciò che ha detto Obama. Infine, se siete ancora vivi, leggete quanto vi postiamo di seguito e meditate sulla differenza. Sono i passi fondamentali del recente discorso (24 ottobre) pronunciato da Vladimir Putin al Valdai International Discussion Club, storica cornice di confronto sul ruolo della Russia nel mondo. Siamo desolati, non è un tweet, non è una battuta e nemmeno una barzelletta. Non ci sono slides, gelati o fuochi d’artificio. È  il discorso di un vero Capo di Stato, forse l’unico in piedi, al momento, fra le rovine della baracconata globale. A corredo, dopo il testo, il commento video di Giulietto Chiesa per Pandora Tv.

Egregi colleghi! Signore e signori! Cari amici! (…)

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SANGIULIANO: “VI RACCONTIAMO IL REICH DI ANGELA…KASNER”

È la quarta potenza mondiale dopo Stati Uniti, Cina e Giappone. Riposa appena sotto il podio in termini di Pil nominale, è quinta per potere d’acquisto dei suoi cittadini, si classifica seconda per mole di esportazioni e importazioni. E, soprattutto, controlla un’area economica che si espande dall’Olanda alla Croazia, dai Paesi Baltici all’Austria. Coloro che credevano, anni or sono, di aver “normalizzato” la Germania e posto fine all’intramontabile “questione tedesca” si saranno ben presto resi conto di aver sbagliato i calcoli. Perché, ormai, il gigante che, tra vincoli economici, politiche di rigore, violazioni della sovranità e feroci pressioni, ha egemonizzato l’Europa possiede tutti i crismi di un Reich del Terzo Millennio.

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L’ASSE DELLA DEMENZA

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In Europa non ha vinto l’astensionismo, è aumentata l’affluenza alle urne (non accadeva dal 1979) e tutto il continente ha dato mandato alle forze sovraniste di abbattere il mostro eurocratico. I dati li sapete: in Francia trionfa il Front National e in Inghilterra l’incredibile Ukip di Farage che sbaraglia un bipolarismo secolare e manda in pensione l’archetipo del paese “normale”, quello in cui fingono di giocarsela una destra e una sinistra identiche a tutto vantaggio del mondialismo. Venti di rivolta spirano anche dai “civilissimi” paradisi della socialdemocrazia nordica: l’Austria, la Finlandia, la Danimarca, la Svezia, l’Olanda, il Belgio. Evidentemente, il verde pubblico, le lavagne elettroniche e le biciclette non bastano più. L’Eldorado rimane comunque l’Ungheria: Orbàn (al governo da un pezzo) sbanca con il 51% e, a ruota, secondo in classifica arriva Jobbik. In Grecia, Alba Dorata sfiora il 10% e in Spagna si fanno largo i movimenti indipendentisti, tallonati dagli indignados di Potemos.

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