CHIESA:”SU REGENI INFORMAZIONE GESTITA DA MANIGOLDI”

di Marcello D’Addabbo

“La Storia attraverso le Storie: passato, presente e scenari futuri dell’Europa”, questo il titolo dell’incontro promosso dal Liceo Linguistico “European language school” di Bitonto, nella splendida cornice del Teatro Traetta. Protagonista: Giulietto Chiesa, giornalista esperto di geopolitica internazionale e direttore di Pandora Tv. Una panoramica completa sugli scenari internazionali, economici e politici, la guerra in Siria, l’attuale crisi finanziaria, il terrorismo e il destino dell’informazione.

Giulietto Chiesa, il barbaro assassinio di Giulio Regeni è legato alle attività che lo stesso svolgeva al Cairo o si deve guardare ad un contesto internazionale più vasto interessato a rovinare i rapporti tra Italia ed Egitto?

Propendo per la seconda ipotesi, si tratta di un assassinio politico. Non credo alle tesi diffuse in questi giorni o ad una vicenda di carattere personale, lo hanno ammazzato perché serviva ad inquinare i rapporti con l’Egitto.

Cui prodest?

L’Egitto non piace ad una parte dell’Occidente perché si è schierato con la Russia e perché sta svolgendo un ruolo di riequilibrio tutto sommato positivo. Non sto dando un giudizio sulle qualità democratiche, parlo da osservatore politico. Penso che questo omicidio sia servito ad ottenere l’effetto che poi nei fatti si è realizzato, tutto il coro mediatico si è scagliato contro il dittatore Al Sisi.

Da chi è composto il coro?

Dagli stessi che strillavano contro il dittatore Saddam che non aveva le armi di distruzione di massa o contro Gheddafi che è stato letteralmente massacrato perché ostacolava gli interessi dell’Occidente, gli stessi che oggi urlano contro il dittatore Putin. Sulla mia pagina facebook ho postato questa riflessione, noi abbiamo avuto due assassini politici, quello di Vittorio Arrigoni e ora Giulio Regeni, nel primo caso tutti hanno taciuto perché era piuttosto evidente chi fosse il mandante o se non era evidente si poteva facilmente intravedere.

Anche perché geograficamente molto vicino al luogo del delitto…

Infatti. Un quadro evidente ma in quel caso non se ne poteva parlare. Nel caso di Regeni invece siamo di fronte ad una descrizione ridicola dell’accaduto perché prima di dichiarare la colpa di chiunque, se si vuole essere non dico garantisti ma almeno decentemente giornalisti, si aspettano i risultati delle indagini in corso e non si trasformano mere opinioni in titoli di giornali sparati sulle principali testate. Invece il modo di procedere è opposto: accusano, pubblicano senza verificare niente, poi quando vengono smentiti dai fatti non rettificano. Purtroppo gli organi di comunicazione in Italia sono in mano ad un gruppo di manigoldi che non si occupano mai di controllare quello che scrivono.

Tornando al quadro internazionale, dai colloqui di Monaco tra Kerry e Lavrov sembra raggiunto un accordo sul cessate il fuoco in Siria. La situazione ricorda un po’ la fine della guerra tra Iran e Iraq nel 1988 quando, ad un passo da una vittoria schiacciante su Saddam, l’Ayatollah Khomeyni fu indotto – come affermò pubblicamente – “ a bere l’amaro calice della tregua”. Putin berrà l’amaro calice ad un passo dalla liberazione di Aleppo?

La Russia non berrà nessun amaro calice perché sta vincendo. La tregua la vuole la Russia che infatti ha proposto il negoziato di Ginevra, i russi non sono in Siria per restarci ma per demolire Daesh e poi andarsene.

Nessun intervento di terra, quindi…

Non metteranno piede sul campo, questo posso dirlo con assoluta certezza, nei loro piani non c’è un solo soldato russo a combattere sul territorio né ci sarà in futuro.

E il confronto con l’Occidente?

La Russia ha interesse a che il conflitto siriano si concluda ed è ovvio che per raggiungere questo risultato bisogna realisticamente tenere conto delle forze in campo. Tuttavia “l’amaro calice” temo che dovrà berlo l’Occidente perché Bashar al-Assad rimarrà al potere in Siria. Pensare che Putin abbandoni la Siria ai piani di al-Qaeda e dell’Arabia Saudita è una pura illusione.

C’è stata da parte americana ed europea una sottovalutazione del potenziale militare messo in campo dalla Russia in questa crisi?

Non hanno capito che la Russia ha cambiato il quadro militare e politico del medio oriente. Sono rimasti letteralmente sconcertati dai 26 missili di precisione partiti dalla flotta russa nel Caspio e giunti dritti al bersaglio di Daesh attraversando due nazioni, Iran e Iraq. I servizi americani non si sono accorti che questa operazione è stata il frutto di mesi e mesi di preparazione in accordo con gli iraniani. Putin glielo ha dovuto spiegare. Se l’Occidente continua a credere o a fingere che la Russia sia un bluff si farà solo del male.

Negli Usa è in corso il consueto confronto mediatico delle primarie, una vittoria finale dei repubblicani cambierà i rapporti tra Stati Uniti e Russia?

Se la scelta è tra Hillary e Trump preferisco quest’ultimo. Perché Trump è un cialtrone mentre Hillary Clinton è una persona pericolosa. Concordo pienamente con ciò che ha dichiarato Julian Assange, con la Clinton alla Casa Bianca c’è la certezza di vedere nuove guerre, la più pericolosa in campo è certamente lei. Sanders è a mio avviso il candidato migliore. Per quanto i presidenti americani non contino nulla e in quel sistema conta soprattutto chi li paga, il ruolo della personalità nella storia esiste pertanto mi auguro davvero una sua vittoria. Se Sanders non dovesse farcela nel campo democratico meglio comunque Trump della Clinton.

LA STAMPELLA A 5 STELLE DEL GOVERNO

di Gaetano Sebastiani

Il passo “di lato” di Beppe Grillo nella gestione del Movimento coincide con una fase molto particolare della vita politica italiana. La scena, in questa giorni, è dominata dalla discussione sul ddl Cirinnà, quello che consentirebbe l’introduzione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso, con tutti i suoi annessi e connessi dal sapore anglosassone (vedi “stepchild adoption”) che fa sempre molto chic e funge da edulcorante esterofilo per indorare la pillola su concetti altrimenti più difficili da ingurgitare.
Qui non intendiamo addentrarci sulle questioni ideologiche che animano questo dibattito, ma vorremmo piuttosto far emergere le ambiguità di una forza politica, il Movimento 5 Stelle appunto, che rispetto al tema delle unioni civili sta mostrando un approccio contraddittorio e controproducente. Perché il convinto endorsement dei pentastellati al ddl determina, a nostro avviso, errori di metodo e di merito non trascurabili.
Quanto al primo punto, è noto ai più che tutte quelle iniziative non esplicitamente previste dal programma devono essere sottoposte al vaglio della rete. Il voto degli iscritti è la bussola con la quale i rappresentanti grillini dovrebbero muoversi nei meandri della vita parlamentare. É l’applicazione dei tanto reiterati principi dell'”uno vale uno” e della “democrazia dal basso”. Ebbene, nel caso delle unioni civili un’azione in questo senso c’è stata, ma il web non ha avuto modo di esprimersi in maniera corretta. Il 28 ottobre 2014, infatti, si svolse una consultazione on-line che riguardava le unioni civili in maniera esclusiva, senza cioè considerare le adozioni, l’omogenitorialità, insomma tutti quei temi più spinosi che l’attuale ddl ha messo sul fuoco. Sebbene l’esito di quella votazione fu un plebiscito per il “sì”, sorsero polemiche per le modifiche in corso di consultazione del testo del quesito, generando confusione tra i votanti circa il reale valore della loro preferenza: solo unione civile o schierarsi anche per l’adozione?
A distanza di più di un anno e con l’irruzione nel dibattito nazionale di una proposta di legge che abbraccia aspetti più dirimenti e delicati si sarebbe dovuto ripetere il voto, nel rispetto delle regole senza lanciarsi in entusiastiche adesioni (il ddl va votato “così com’è”, secondo Di Maio). In questa circostanza, non si può neanche addurre la giustificazione dei tempi tecnici dei lavori parlamentari, come giustamente in altre occasioni è stato fatto (la rete per quanto rapida non può sempre essere al passo con le necessità istituzionali), perché il dibattito sulle unioni civili nel nostro Paese si protrae da molto, seppure ad intensità variabile, e ci sarebbe stato tutto il tempo per consultare la base e produrre una posizione ufficiale più in linea con i principi del Movimento.
E poi c’è la questione di merito o di opportunità politica. Il Movimento ha ottenuto grandi consensi a livello nazionale al grido di “tutti a casa”. Apparentemente, uno degli obbiettivi principali di questa forza politica è provocare una frattura con l’attuale classe dirigente o con un metodo stantìo di fare politica. Approfittare delle debolezze altrui, anche se machiavellico, può essere una buona strategia per ottenere il tanto agognato (ed utopico) 51%.
Dunque, in un periodo in cui Renzi ed il suo governo sono costretti a fronteggiare scandali bancari con riemersione di faccendieri massoni piduisti, ad inseguire alleanze parlamentari con personaggi (anch’essi piduisti!) invisi a buona parte del partito ed alla base, a giochi di puro equilibrismo statistico per giustificare una ripresa economica appena rivista al ribasso dai tecnocrati internazionali, ad alimentare beghe con i vertici dell’eurocrazia per puri scopi propagandistici interni, a coprire gli ennesimi coinvogimenti delle amministrazioni locali a guida PD con mafia, camorra et similia… A fronte di tutto questo (ed altro), non sarebbe il caso di dare un ulteriore colpo, votando contro il ddl Cirinnà insieme alle altre opposizioni e “mandare sotto” un governo che agli occhi dell’opinione pubblica – condizionata dalla propaganda di regime – sembra una macchina inarrestabile?
Se i grillini pensano che appoggiare questa legge possa dar loro l’immagine di fautori di questo “grande passo verso la civilità” (sic!), cioè verso l’omologazione globalista e genderista ed estendere il consenso fuori dai confini abituali, si illudono grandemente. Perché, in caso di approvazione, la grancassa mediatica spalmata sul renzismo più bieco farà del leader fiorentino l’uomo della svolta storica, il primo politico ad aver abbattuto il muro dell’ignoranza e dell’arretratezza culturale italiana ed a scagliarci verso lidi di progresso morale e civili mai sfiorati prima! Insomma, lo dipingeranno come un vero e proprio eroe. Ed il ruolo dei pentastellati in tutto questo sarà marginalizzato, banalizzato o peggio dimenticato, perchè il merito principale è sempre del partito promotore e quindi del suo leader che mediaticamente ha sponsorizzato la causa.
Svolgere il ruolo di stampella del governo in un contesto di oggettive difficoltà poc’anzi descritto e per una legge che soddisfa una fetta di popolazione rumorosa (ma non maggioritaria, fino a prova contraria) sembra francamente un autogol clamoroso per una forza che ha come stella polare il motto “mandare tutti a casa”. A meno che per il Movimento inseguire i diktat europoidi che ci rimproverano ritardi sui “diritti civili” sia diventato più importante che abbattere un esecutivo incapace di risolvere i problemi più urgenti di questo Paese. In tal caso bisognerà prenderne atto e considerare i propositi antisistema a 5 Stelle mera propaganda, un po’ come si fa con le forze politiche che loro stessi vorrebbero combattere.

LA QUERCIA, LA PALMA E LA STEPPA

di Leonardo Petrocelli

L’episodio, ormai, è noto ai più. Il padano rinsavito Matteo Salvini ha incoronato governatore della Sicilia il musulmano Pietrangelo Buttafuoco. E tutti e due si sono beccati gli aspri rimbrotti dell’occidentalista Giorgia Meloni, quella che scambiò per simbolo dell’invasione islamica a Roma una indicazione in arabo per ricordare l’avvento dell’Expo di Milano (eh sì, troppa Fallaci fa male…).
Ora, la questione centrale, posta involontariamente dall’inedito battibecco dialettico, non è legata all’opportunità di candidare o meno il novello Giafar al-Siqilli che, oltretutto, ha già rifiutato. Di base non ci affascina particolarmente la suggestione, un po’ radical e un po’ mediatica, del poeta/letterato al potere (ci è bastato Vendola, grazie), ma nemmeno pronostichiamo un suo sicuro fallimento. Anzi, sono particolarmente gustosi i racconti che, in questi giorni, hanno popolato la rete con Giafar intento a rendere la Sicilia un prospero crocevia del Mediterraneo e la Meloni, schiumante rabbia, intruppata nell’inviperito fronte neocon. Tutto molto divertente, seppur un po’ troppo condiscendente verso il Pietrangelo insulare che, da brava icona delle giovani e devote penne della destra rampante, in queste occasioni passa all’incasso con grande facilità. Forse troppa. E tuttavia il punto non è questo.
A segnalarsi per la sua enormità è la confusione che ormai esplode quotidianamente sotto il cielo d’Italia, ma anche nel buio ideale del suo sottosuolo. Perché quella delle “radici” è diventata una lotteria a tema libero in cui ognuno proietta se stesso invadendo con la propria ombra da pigmeo l’enormità immateriale della Terra degli Avi. Tutto viene riscritto e riletto in modo da rendere ovvia, fisiologica, consequenziale e identitaria una scelta completamente individuale e avulsa dal contesto. Se una quercia vuol fingersi palma, chi può impedirglielo? Il problema è pretendere che tutto il bosco reputi la metamorfosi naturale solo perché un saraceno, mille anni fa, passò di lì. Proprio come la quercia dell’esempio, Buttafuoco non può fare a meno di convertirsi all’Islam senza però tirarsi dietro l’intera Sicilia e senza evocare la dominazione islamica dell’isola quale “esempio più alto di civiltà del Mediterraneo”.
State tranquilli, non ci attarderemo nell’apparecchiare una lezioncina di storia. Su internet, in questi giorni, ne sono fiorite a decine e tutte identiche. Ci ricordano che la Sicilia, italica e indoeuropea, fu dominata dagli arabi per appena due secoli e non senza spargimenti di sangue ed eroiche resistenze come quelle del Val di Noto e del Val Demone che caddero solo dopo quindici anni di straziante lotta. Poi, scaduto il loro tempo, gli invasori furono ricacciati in mare, lasciando dietro di sé una popolazione demograficamente irrilevante ed una eredità che, per incidenza e possibilità proiettive, in nulla ricorda, ad esempio, quella della Bosnia musulmana. Una parentesi, insomma, e di certo non la più alta nella composita storia del Mare nostrum.
Tutto questo, ne siamo convinti, lo sa benissimo anche Buttafuoco la cui conversione non ci scandalizza né ci indigna. Al contrario, in ossequio al quel vecchio adagio secondo cui un’azione imperfetta è preferibile ad uno sproloquio perfetto, chi prega cinque volte al giorno rivolto verso la Mecca è certamente degno di maggior considerazione rispetto a chi, impastato di letture esoteriche, tutto esaurisce nella dimensione libresca e ciarliera senza concedere nulla al culto o al rito. Ma, nonostante ciò, la questione resta. Due secoli di dominazione straniera su oltre tremila anni di storia non cristallizzano una identità né egemonizzano le radici dell’albero. Dirsi saraceni in quanto figli di Sicilia è un artificio giustificazionista destituito di ogni fondamento epperò indicativo di una tendenza che potrebbe affermarsi nel medio periodo. Il cortocircuito è politico, intellettuale e religioso e coinvolge tutti coloro che vorrebbero costruirsi una identità definita armonizzando ogni aspetto dell’esistenza. Il cammino che porta dalla lettura di Guenon alla conversione all’Islam, passando per le canzoni di Battiato e una comprensibile ammirazione verso l’Iran della Rivoluzione, è per alcuni vera tentazione. Così come lo è un’altra infatuazione che lentamente inizia a consolidarsi: quella per il Cristianesimo ortodosso. Questa volta si passa per il sovranismo di Putin, i libri di Dugin, le bandiere zariste, le gesta del comandante Strelkov e la frontiere dell’Eurasia. Nei tempi del deserto dell’Essere ogni goccia d’acqua è un’oasi da eleggere a dimora, nonostante essa incarni la fuga verso mondi altri cui si cerca di legare indissolubilmente il proprio per giustificare se stessi. Coprendo, con quello che passa il convento, il fuoco indoeuropeo e precristiano dei Padri.
D’altro canto, la novella che giunge dai cantori dell’Occidente politico non è meritevole di più alta considerazione: il “padanesimo” leghista rifluito nel culto incapacitante delle micropatrie o il nazionalismo ottocentesco e risorgimentale, riattualizzato da un lepenismo laico o blandamente cattolico, non sono che residui, rigurgiti o riedizioni di quel processo modernista e sovversivo che oscurò l’anima vivificante dell’Occidente. La potenza civilizzatrice di Roma innalzò un Ordine millenario nel disordine delle genti barbariche (altro che la Sicilia saracena…) e pose se stessa come riferimento senza tempo per ogni fioritura nell’Universale. E ora che il mondo della tecnica e del progresso degenera nel caos orgiastico della propria follia, è ancora a quel mito seminale che serve far ritorno per dissipare le ombre della dissoluzione.
Quindi, cari signori, voi tessitori di tappeti e incanti d’Oriente o isterici neocon arruolati nella caccia (americana) al moro, voi che cercate salvezza nei bonzi del Tibet o nei monaci barbuti delle steppe, siete tutti rimandati a settembre. Ci rivediamo a Delfi. Tema della prova di riparazione: “Conosci te stesso”. Apollo vi giudicherà.