di Marcello D’Addabbo
Non la smettono. Non vogliono accettare di essere contestati. Politici, gente delle istituzioni, opinion makers dei talk show televisivi “generalisti”, un agguerrito convento di moralisti sceso in campo per contrastare gli “haters”, gli odiatori di professione. Ne abbiam già discusso quando a tirare la cima di rapa erano gli Andrea Scanzi (omen nomen), i Marco Travaglio – “sono ormai incapace, confessa, di gestire la mia pagina Facebook” e dulcis in fundo…Enrico Mentana, l’odiatore di odiatori per eccellenza, che tuttavia ha almeno la faccia di (far)rispondere colpo su colpo a tutti i post ostili che riceve. Ma la vicenda sembra non avere fine, perennemente rinnovata da chi non accetta di coniugare la propria fichissima notorietà pubblica con qualche vaffanculo ben assestato dal lettore di turno. Di recente Myrta Merlino, conduttrice di “L’Aria che tira” su La7 ha ingaggiato nel suo spazio pomeridiano una campagna contro l’odio sui social. Prima ospitata inaugurale di questo splendido sceneggiato tv, ovviamente, riservata “honoris causa” a Laura Boldrini – poteva mancare il bersaglio universale di tutti gli haters d’Italia? – beatificata martire di questi nuovi unni del web…i soliti sessisti ignoranti e vigliacchi. Insomma, la vecchia storia dei leoni da tastiera che si nascondono nell’anonimato di un nickname per scagliare impunemente tonnellate di improperi. “Bisogna reagire! Devono assumersi le loro responsabilità nei tribunali, vogliamo i nomi!” – strilla la vippaglia politicoide dei sinistrorsi che non hanno fatto in tempo a rifluire dai cortei del ’68 – dove intonavano “vietato vietare” – per invocare la più dura repressione da scatenare contro chiunque li contesti, ora che in parlamento e nei ministeri ci sono finalmente loro. Insomma siamo alle solite, dalla rivoluzione al regime il passo è durato quanto il passaggio dall’adolescenza all’età adulta.
La nuova stagione televisiva del programma della Merlino vede al centro di ogni puntata(!) la campagna di sensibilizzazione sul problema della violenza verbale e dell’offesa gratuita sui social – una campagna virale con il patetico hashtag #odiolodio e l’impegno a inviare i propri giornalisti a “cercare gli haters”. Laura Boldrini, che in agosto ha fatto sapere che denuncerà chi la fa oggetto di “quotidiane sconcezze, minacce e messaggi violenti”, quasi tutti a sfondo sessuale, ovviamente è la madrina dell’iniziativa. E qui urge una riflessione: possibile che non si rendano conto di quanto siano diventati comici?? E’ una reazione a dir poco divertente, tutta da ridere, da zitelle isteriche, bizzoche moraliste della parrocchia di un paesello, che denota tutta l’impotenza dell’insultato/a di turno a contrastare l’attacco ricevuto. Certo, molto più conveniente puntare l’indice sulla volgarità e gratuità dell’insulto della rete che porsi, mettendosi in discussione, la più semplice delle domande…PERCHE’? Perché sono tanto odiati e insultati dalla rete? Troppo arduo indagare sulla natura di questa rabbia smisurata, forse ancora più autentica proprio quando è priva di argomentazioni, pura nella sua violenza, marinettianamente igienica, futurista e un po’ alla Fight Club, che scaturisce, inutile nasconderlo, dal profondo senso della giustizia umana, da quell’armonia negata e sfregiata ogni giorno da queste insulse comparse del dibattito pubblico, da questa gente pagata per calmierare con i talk show la schiuma rabbiosa del popolo che altri, più in alto di questi figuranti, intanto saccheggiano e umiliano senza sosta e ritegno. Già perché basterebbe possedere un minimo di residuale intuito per la lettura degli eventi per comprendere la natura di certi moti popolari, anche quando si esprimono – come oggi – attraverso il web. La natura dell’intimo legame retributivo che unisce i torti subiti con la rabbia che inevitabilmente ne scaturisce, talvolta persino ad insaputa dell’agente, il rabbioso di turno, che apparentemente non è che un semplice teppista verbale privo di bon ton. Insomma saper leggere tra le righe e gettare lo sguardo nel profondo “maelstrom” della coscienza collettiva, è una facoltà che queste comparse da avanspettacolo dimostrano di non possedere nel dna.
Esiste un istinto nel popolo, autentico e primordiale, che gli consente di percepire la differenza di massima tra verità e menzogna. E’ quell’istinto che fece votare in massa gli italiani per Berlusconi proprio quando era maggiormente aggredito, per via giudiziaria, da poteri anti-italiani e manine straniere – Eni/Gazprom aveva fatto perdere la pazienza agli stessi che fecero fuori Enrico Mattei. Quel senso di giustizia che si trasforma in rabbia non appena la giustizia è negata. Metti una Boldrini, nel ruolo di portavoce dell’agenzia mondialista UNHRC già agitava una campagna contro i respingimenti degli immigrati operati dall’allora ministro Maroni (il migliore responsabile degli Interni fino ad ora), e oggi continua a sviolinare il verbo Onu-sorosiano dell’”accogliamoli tutti” in un Paese uscito da dieci anni di devastazione economica (peggio del 29’) dove il 60% dei giovani del Sud è privo di lavoro e prospettive, senza contare i nostri emigrati che sono già all’estero e quelli che continuano a fuggire – migranti economici italiani, no!? Per comprendere la rabbia contro la Boldrini bisogna far parlare quei fiumi di ragazzi (e adulti) che si mettono in coda per accedere ai concorsi pubblici nazionali presso i padiglioni della Fiera di Roma. Un rito collettivo che accomuna sogni, disperazioni, aspettative e frustrazioni di migliaia di italiani che non hanno ancora preso il fatidico biglietto aereo verso i dorati regni della meritocrazia germanica ed anglosassone. Quelli che non hanno ancora deciso “di andarsene” e ne pagano le conseguenze. Per 800 posti di Cancelliere nei Tribunali italiani si sono iscritti online in 25 mila. Per un centinaio di posti da infermiere a Genova si sono presentati in 12 mila. Ma la signora della Camera è comunque intenta a menarci mezza Africa nel cortile di casa. E’ una rabbia, quindi, appena proporzionata a ciò che si subisce tutti i giorni e che in linea di principio non avrebbe bisogno di essere accompagnata da argomentazioni e chiacchiere da salotto. La Boldrini non è presa di mira in quanto donna come si sente spesso ridicolmente affermare (lo era la signora Nilde Iotti nei tanti anni di presidenza della Camera per caso??), ma in quanto capolavoro di doppiezza e insensibilità, un mostro di falsità finto-moralista al servizio dei piani alti del potere, quelli interessati a oliare di retorica il processo della “grande sostituzione” voluta dalle multinazionali e banche per abbassare il costo del lavoro, come spiega ormai da mesi l’instancabile Diego Fusaro. Una retorica che viene, oltretutto, somministrata alle plebi democratiche da gente che di solito si sposta in auto e aerei di Stato, scortata da buttafuori di Stato, che manda i propri figli nelle università private e conduce uno stile di vita lontano anni luce da quegli immigrati che in televisione e nelle compiaciute apparizioni ai convegni universitari pontifica di voler accogliere fraternamente. Da qui nasce il grido populista “ospitateli a casa vostra”, falsamente scambiato per irrazionale xenofobia. Il popolo comprende queste dinamiche più di quanto non credano lorsignori. E di conseguenza ruggisce. E loro cosa fanno? Reprimono! Perché non sopportano sentire rimbombare le urla della gente nel vuoto pneumatico delle loro non risposte. Pertanto, era ovvio, la marea oggi monta e tanto Renzi quanto Berlusconi devono vedersela rispettivamente con Grillo e Salvini che si ingrossano elettoralmente come baobab nel deserto. Già perché questi due hanno semplicemente capito che la marea montante della furia popolare non va contrastata ma al contrario compresa e interpretata, utilizzata eventualmente come vettore di cambiamenti epocali nel cuore dell’Occidente, se mai ne saranno capaci. Quando un corpo reagisce vuol dire che è ancora vivo e non accetta di decomporsi. Se questa realtà di disagio profondo che cova, viene negata e repressa mediante la promulgazione di leggi che sanciscono reati d’opinione o mediante l’attività di polizia postale finalizzata a chiudere decine di pagine Facebook agli ordini di questa casta di “infastiditi” è il segno che un sistema è al collasso. Cosa potranno ancora imputare a Putin adesso? Di essere un dittatore? Un Duce? Esiste la legge Fiano in Russia? Le opinioni lì sono perseguite fino ai gesti e ai simboli grafici riportati sui gadget? A chi appartengono i canali di informazione in Occidente? Come mai è presa tanto di mira proprio la rete, e il web dei social network, dove esiste un padrone – certo…mica crediamo alla fata turchina qui – ma non ci sono direttori prezzolati che ti dicono cosa puoi o non puoi scrivere? La libertà di opinione come espediente costituzionale creato con il presupposto di controllare i principali giornali e televisioni, screditando poi moralmente tutto ciò che si colloca fuori da quei circuiti patinati quanto blindati, ai piani inferiori, nella fogna del populismo e dove cova la “pancia del Paese” – ennesimo “ghetto semantico” ideato del regime dei media – ormai non funziona più. Si sono invertite le proporzioni numeriche. E la repressione in rete, tanto invocata in questi giorni, non farà che muovere la brace ardente e attizzare il fuoco. A quel punto, con buona pace della signora Merlino, sarà un’altra…l’aria che tira.